Dalla sessione di fine ottobre ho imparato che ho tanto da imparare.
Lo so e l’ho sempre saputo, ma non sono mai stato bravo a improntare la parte iniziale della mia esistenza (che sto ancora attraversando, penso) intorno a questo principio.
E sono proprio una testa di beliscimu a perdermi in esagerate infinite inconsce scuse mentali che mi allontanano da questa fondamentale verità. Inevitabilmente, ciò che dovrei fare —e con scarsa ma comunque maggiore efficacia rispetto a prima sto ora facendo— è modificare il mio approccio. Per quanto non mi attragga, devo arrendermi ad una vita studio-centrica, invece che mondo-centrica, come ho vissuto finora: per quanto sia non assolutamente certo o direttamente verificabile, devo vivere in funzione di quello che sto studiando (che comunque mi attrae e mi appassiona molto), invece che in funzione di tutti gli accidenti non-universitari che agiscono come forza centrifuga sulla mia attitudine all’apprendimento —banalmente, siediti leggi rifletti ripeti discutine rileggi ripensaci—. È bello, utile, stimolante, totalizzante occuparsi di cose —namely, Scambi— che esulino da ciò che entra nella mia mente (studiare, apprendere), ma che invece stimolano a creare, connettere, agire, riordinare (ciò che esce dalla mia mente).
Fino ad ora sono stato dominato da un’entropia irrazionale che prediligeva il fare rispetto al fermarsi e imparare; ora, devo e voglio concedermi qualche mese, anno, di ridimensionamento del fare e, per una volta, lasciarmi travolgere dalla passione per quello che i miei occhi leggono (quando ne sono in grado). Che poi si possono sviluppare un’infinità di corollari a questo, come il fatto che il peso della responsabilità e la fantasia siano indirettamente proporzionali - eccetera.